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Quando la subcultura pop e trash invase (e migliorò) Sanremo

Fiori, canzoni, pallettes e amenità varie

Assurdità
Cialtroneria
Nostalgia
Sensualità
Viralità
Voto in Pagella

4

Molti credono che la parola trash abbia un accezione negativa e che equivalga per forza di cose a brutto. Noi cultori del pop, invece, sappiamo benissimo che non è così e che occorre fare un bel distinguo tra il brutto e il trash: il brutto è qualcosa di negativo che non da nessuna emozione e dove non è possibile trovare alcuna traccia di bellezza mentre il “trash, al contrario, è la massima espressione della cultura più popolare e genuina ed è talmente spontanea e piacevole che, pur essendo agli occhi dei profani apparentemente “bassa”, in realtà sfiora il capolavoro.

Per capire quando il trash-pop sia bello e quando i prodotti legati a questi siano di ottima qualità niente di meglio, almeno secondo me, che mostrarvi alcune perle musicali indimenticabili all’interno del festival musicale più famoso d’Italia, quello di Sanremo, un festival che unisce musica di grande qualità a musica “brutta”, cosa che ci permette quindi di far capire come il nostro genere popolare sia al di là del brutto e del bello.

E ricordiamoci che quando parliamo di “al di là del bene e del male” o “al di là della destra e della sinistra” parliamo di cose che sono “oltre” e per pochi illuminati eletti. Nel corso degli anni il festival ci ha proposto nomi come Celentano, Tenco, Modugno, Mia Martini, Renato Rascel ed altri e ospiti del calibro di Bon Jovi, Cranberries o David Bowie, basti pensare (visto che siamo in tema di amanti di pop e retrò) che nell’edizione del 1968 la grande Eartha Kitt, famosa per essere stata una delle Catwoman della serie tv sull’uomo pipistrello, partecipò in coppia con Peppino Gagliardi con il brano Che vale per me.

A queste tendenza sui grandissimi il festival ha sempre affiancato una tendenza più pop legata a personaggi di grande spessore canoro come Iva Zanicchi, Orietta Berti, Gigliola Cinguetti, Al Bano e Romina, Tullio De Piscopo, Franco Califano, Ricchi e Poveri, Mietta e Toto Cutugno che a gente come noi risultavano più simpatici e affini, tanto che ancora oggi ascoltiamo le loro canzoni con molta frequenza e piacere (non è un caso che una delle mie preferite di sempre, Vado al massimo di Vasco, arrivò ultima). Citiamo quindi alcuni personaggi che per noi sono idoli indiscussi che hanno partecipato alle edizioni di Sanremo degli anni 80 e 90 che possono essere considerati quindi degli “out” sanremesi.

I FOLLI ANNI ’80

Siamo nel 1988, a presentare il festival ci sono Miguel Bosè e Gabriella Carlucci, vince la mitica Perdere l’amore di Massimo Ranieri e sul palco si presenta un gruppo improvvisato composto da giornalisti e personaggi del Drive In come Sergio Vastano ed Enzo Braschi (più tardi i due collaboreranno ancora insieme sia a livello artistico che musicale) formatosi esclusivamente per il Festival. Si chiamavano I Figli Di Bubba (nome dedicato ad un famoso giornalista di 90° minuto) e facevano una critica al mondo moderno cantando Nella valle dei Timbales.

Arriva poi nel 1989 un’edizione storica che ci offre una serie di perle mai viste prima. Abbiamo la mitica Marisa Laurito con Il babbà è una cosa seria, Gigi Sabani con La fine del mondo, le partecipazioni di Jovanotti (che fece la famosa gaffe “Celentano”) e Francesco Salvi rispettivamente con Vasco e Esatto! (quest’ultimo accompagnata sul palco da ballerini vestiti da animali) e tra i nuovi di Benedicta e Brigitta Boccoli con Stella. Un’edizione, insomma, indimenticabile che è d’obbligo recuperare (possibilmente in vinile) per tutti noi amanti del genere.

BENVENUTI ANNI ’90

L’anno successivo (1990), però, risulta più smorto e meno frizzante del precedente in tema trash se si esclude la canzone A di Francesco Salvi che però non risulta divertente e simpatica come la precedente Esatto!, anzi possiamo dire che decreterà la fine della carriera canora del comico che da lì in poi si dedicherà al cinema e al buddhismo.

Per fortuna il 1991 sarà l’edizione del riscatto, un’edizione che a canzoni di qualità profonde, impegnate socialmente e d’autore come Spunta la luna dal monte di Bertoli e i Tazenda, Perchè lo fai di Masini, La fotografia di Jannacci, Gli altri siamo noi di Tozzi e Spalle al muro di Renato Zero affiancherà due perle come Il lazzo del maestro Mazza e la mitica Siamo Donne cantata da Sabrina Salerno e Jo Squillo, in più è presente anche Marco Carena, ma la sua Serenata delude se confrontata ai suoi cavalli di battaglia cantati sul palco del Maurizio Costanzo Show. Vinse Cocciante e l’edizione fu condotta, non a caso, da un vero e proprio mito del popolare: Edwige Fenech.

Dopo di che non ce nulla di interessante o rilevante per il nostro genere. Elio e le storie Tese sono da considerare, almeno per me, una band che è ben innestata nel circuito sanremese anche se dentro il ruolo di “out” e Renato Salvatore, che dopo il suo Azz poteva far sperare in qualcosa di simile, ci propone invece un brano intenso e toccante come Sulla porta che parla di un tema molto importante come l’amore omosessuale. Stesso discorso per Giorgio Faletti (per noi era ancora quello di “Passerano Marmoreto”) che presenta un brano molto drammatico come Minchia signor tenente. Unica eccezione, in tanti anni, è Balla Italiano di Jo Squillo nel 1993 e Voglio andare a vivere in campagna di Cutugno che diventa subito una hit trash, gettonatissima nelle gite e all’uscita dalla scuola tra le compagnie di amici festanti.

L’ARRIVO DEL NULLA

Dopo il 2000, poi, il nulla. Le edizioni sono praticamente tutte identiche, le canzoni perdono quel retrogusto popolare e prendono uno stile molto simile ad X-Factor e la gente si alza per applaudire un Benigni che da comico iconoclasta e senza compromessi che ti faceva cadere dalla sedia dal ridere si è improvvisamente trasformato in un personaggio buonista per famiglie. Il politically correct borghese del 2000 era arrivato e il popolare, quello vero, era finito con i 90. Il trash non era più sinonimo di pop, ma era divenuto “brutto” e su quel palco apparivano oramai solo “le persone inutili”.

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